Il famigerato 2020 è stato per noi anche l’anno di un ennesimo trasferimento. Dopo tre anni, un altro trasloco, un’altra città, un’altra vita all’orizzonte.
Siamo sempre in India, non ci siamo spostati di molto, ma abbiamo comunque cambiato Stato. Da Pune, in Maharashtra, lo Stato dell’India più colpito dal Covid, siamo tornati a Delhi, dopo dieci anni dall’ultima volta che ci abbiamo vissuto.
L’abbiamo trovata diversa. Molto è cambiato rispetto al 2010. Con tanta India alle spalle, non c’è ormai alcun cultural shock, ma abbiamo notato le differenze e capito ancora di più perché Delhi è un mondo considerato a parte rispetto al resto dell’India. Ce lo hanno detto spesso i suoi stessi abitanti, sia in senso positivo che negativo.
Magari un giorno vi racconterò le differenze tra usi costumi, persone e percezioni che ho incontrato in questa lunga permanenza nel Sub Continente. L’immensità geografica di questo Paese si riflette come è ovvio anche nella sua gente e nelle sue differenze culturali.
Ma quello che vi voglio raccontare oggi non è questo, ma è cosa è cambiato nell’arrivare in un nuovo posto in piena pandemia.
Siamo rientrati temporaneamente in Italia a Marzo 2020, quando in India il panico e la consapevolezza su questo virus erano solo agli albori. Sono rientrata qui quando la consapevolezza rispetto a questo virus é diventata ormai convivenza senza panico.
Nel frattempo sono cambiata anche io, perchè sono arrivata qui e quello che mi sorprende è che non ho la solita forza propulsiva che da sempre mi ha contraddistinto quando arrivo in un posto nuovo.
Mi sto interrogando molto sui perché, aldilà dell’ovvia risposta che siamo in una pandemia.
Mi sto chiedendo molto se questo dipenda da un condizionamento sociale avuto nei passati nove mesi in Italia, dove il messaggio che ho avuto costantemente nelle orecchie é stato che ci si dovesse frequentare pochissimo, o perché effettivamente sono convinta che non sia davvero il caso.
Il confine tra pensieri propri e condizionamento sociale, specie in momenti di crisi, é labile. Infondo il nostro cervello elabora situazioni nuove utilizzando schemi ed esperienze pregresse per dare senso alla propria realtà.
La risposta non l’ho ancora trovata.
Le conoscenze procedono a rilento. Noto che per forza di cose chi era giá qui si frequenta con chi conosceva già, in circoli ristretti.
Le occasioni sociali sono diminuite.
I ragazzi, in particolare i due più grandi, hanno trovato la loro dimensione qui, raramente si lamentano, ma sono sicuramente quelli che soffrono di più questa condizione di “asocialità”, avendo persino cambiato scuola in modo completamente virtuale. Playdate o incontri nella vita reale sono rarissimi e molto difficili da organizzare.
Nel frattempo manteniamo tutti i nervi saldi, il cuore aperto e soprattutto la gioia di essere di nuovo tutti insieme. Ormai la convivenza 24/7 di tutti e sei (cane incluso) é una formula ben rodata, anche se mai ci saremo immaginati che sarebbe durata così tanto e non sappiamo bene ancora quanto durerà.
Faremo passi piccoli, uno dopo l’altro sapendo che questa volta la socialità andrà molto più a rilento di com’è stato finora.
Non si può forzare niente di questi tempi, solo accettare di buon grado quel che arriva e si attira, concentrandoci su quello che si ha e si conquista pezzetto per pezzetto, senza grandi balzi. Cercando nuove vie e nuovi modi per connetterci con il famoso qui ed ora.
Monica, India
Ciao. Mi sono immedesimata in te, anche se non ho mai fatto tanti traslochi in vita mia, ma…quanti bastano.
Riflessioni che mi hanno portata a pensare che forse anzi certamente, devo all’età questa sensazione di incapacità. qualcuno direbbe: ormai ho dato. E’ forse è vero. E forse sempre per questo ammiro chi riesce a portare avanti attività per le quali la prima domanda che ci si pone è: ma da dove comincio?
Ciao, buon soggiorno a Delhi. Non sono mai stata in India, ma è uno dei due Paesi che avrei voluto visitare (l’altro era l’Egitto) e di cui parlavo in uno dei miei temi alle scuole medie tanti anni fa.
Ciao. Al prossimo post.